Aiuto, mi sposo! (In Italia…)

Mannaggia mi capita ancora. Uno può cercare di indossare sandali a vita e fuggire nel suo eremo di monaci tibetani e olii ayurvedici ad Ibiza, ma alla fine il vecchio scarpone ti spinge a chiederti quando tempo è passato.

Quanto tempo è passato dall’ultima volta che avevi sognato di avere una famiglia.
Quanto tempo è passato dall’ultima volta che avevi sognato di essere felice.
Quanto tempo è passato dall’ultima volta che avevi sognato di essere semplicemente parte del mondo.

Quando una persona della mia generazione si sveglia un giorno e realizza che tutta la sua giovinezza è stata piegata e ristretta nelle vedute infime di una vita da monorotaia e ti rendi conto che tu vai in una direzione parallela, ma non uguale, una delle cose che realizzi all’istante è che hai perso tutto. Hai perso la tua casa, il tuo lavoro, la tua famiglia, il tuo matrimonio, la tua voglia di festeggiare il compleanno ogni anno. Perchè tutti ti dicono che non devi essere.

E allora ti si aprono due strade. Piangere o lottare. Lottare fino a quando esaurisci le lacrime, lottare fino a quando la pelle diventa cuoio, lottare fino a quando gli occhi dell’Altro diventano pozzanghere prive di profondità. Piangere non cambia ciò che sperimenti una volta che ti trovi di fronte al bivio, ma ti relega all’infinito ripetersi degli eventi fino all’esaurimento.

Se lotti, se non ti accontenti, se trovi il coraggio di aprirti la strada, anche lì si nasconde un altro importante elemento di scelta. Vuoi davvero essere un guerriero tutta la vita? Certo la legge dell’attrazione è una bufala comoda però non è così lontano dal buon senso (non comune, mi raccomando) pensare che un guerriero selezionerà le sue battaglie e avrà un’inclinazione verso la risoluzione dei problemi giornalieri con bias o errore sistematico verso la risposta armata. Questo è l’orgoglio. Il guerriero arcobaleno che lotta a oltranza, sempre pronto a difendere i diritti, sempre pronto a proteggere i più deboli di lui (perché c’è da dire che almeno una cosa bella dei guerrieri di una minoranza è l’istinto a combattere per il bene comune).

Ma cosa c’è dopo l’orgoglio che già di per sé è una destinazione così ardua da raggiungere che è poi difficile abbandonare, o così facile da ottenere per ego incoscienti che è impossibile da superare?

Ci sono pozzanghere che tornano fiumi, poi mari e infine oceani, c’è una pelle con una storia e l’acquisizione di un nuovo pianto che esprime, che glorifica, che libera. Non è forse la promessa di un futuro roseo e paradisiaco, non è un ritorno o una rigenerazione, quella la lasciamo a Hugh Jackman e i suoi successori, ma è accettazione e integrazione di un momento che ci ha resi forti mentre creiamo spazio per l’apertura ad un altro che ci renderà diversi mentre percorriamo inesorabili la nostra parabola comune verso il terreno.

Quando ho conosciuto Peter ero arrivato a Madrid ammantato delle mie magliette rosse, del mio ritmo di palestra e proteine e dei miei anelli d’acciaio bruto. Un ragazzo giovane e agguerrito che fuggiva da una guerra persa, con una grande ferita e una pelle resa di pietra, ma con tutta la voglia di diventare più forte, più amplio, più competente. Come nelle migliori storie d’amore che ho conosciuto la nostra è andata piano e ha richiesto molte risoluzioni e adattamenti, ma non poteva accadere diversamente: e al mio impeto orgoglioso lui opponeva uno spirito indipendente, due anime potenti.

Quanti temporali ti devono inzuppare fino all’osso prima di poterti godere i tuoni fuori dalla finestra con due Martini al lato e la nuova puntata di Game of Thrones… ma quando arrivi a questo punto sai senza ombra di dubbio che hai incontrato il tuo posto.

Con il passare degli anni tutti quei sogni andati in frantumi si ripropongono alla porta della tua immaginazione timidamente, bussando piano per non farsi sentire troppo per timore di dover fuggire di nuovo. Vedi che il mondo è più grande, che altrove le cose non sono così cupe come da te e ti godi l’istante mentre il tempo scorre e la vita con lui pure.

Quando finalmente in Italia hanno riconosciuto il matrimonio gay, fanalino di coda che però arriva, abbiamo saputo che era il momento di fare il grande passo. Per cui mi sono dichiarato, ginocchio a terra, anelli fatti a mano con spirito sciamanico, tetti di Madrid e testimoni d’eccezione. Abbiamo ufficializzato in famiglia e con gli amici più intimi. Abbiamo cercato location. E ora mi trovo qui e mi dico “Oddio, mi sto sposando, aiuto!”.

Intendiamoci, non sto avendo secondi pensieri, dubbi o indecisione. Penso invece che semplicemente la consapevolezza di cambiamenti così grandi richiede tempo per “caricare il nuovo programma” e che oggi ha raggiunto il 100%.

“Ding”. Il campanello suona. Tra 14 mesi mi sposo! E tutto ad un tratto con voci festose le porte della mia mente si spalancano e la folla rinnovata, colorata e gaudente di quei pensieri che pensavo uccisi dall’omofobia interiorizzata di un giovane italiano alle prese con l’auto-accettazione rientrano nella mia testa addobbando e cantando, sognando e ridendo alle battute della mia auto-ironia idiosincrasica e folleggiante.

“Ok, va bene, tranquilli ragazzi, è tutto a posto, le sedie sono un po’ impolverate, c’è da cambiare un po’ l’aria, tirar via un paio di ragnatele, ma il vostro posto è qui con me.”

Molleggiandomi con lo sguardo puntato sul lago al di là della finestra sorrido. Il guerriero è andato in pensione da un po’ ormai lasciando da quasi un lustro lo spazio all’Avventuriero della Vita che guarda questa occasione con occhi spavaldi e appassionati. Sposarsi. Una festa. Finalmente avere attorno a me, a noi, una famiglia, degli amici che ci hanno seguito, che ci hanno abbracciato, che hanno litigato e hanno fatto la pace, che ci hanno accettato e che hanno condiviso molti momenti. E poi la ciliegina sulla torta: farlo in Italia.

Non saremo i primi e non saremo gli ultimi, ma lo prepareremo con molta passione e riconoscenza per chi non si è mai arreso per renderlo possibile, senza dimenticare al tempo stesso che si è arrivati a questo punto a “coppini” europei e non per una reale evoluzione della politica e della coscienza civile italiana. Certo è che il business del matrimonio può essere un potente catalizzatore di cambiamento, perché sotto sotto quando girano i soldi siamo tutti fratelli e sorelle, per cui una parte di me ha piacere nel far parte di questa trasformazione.

E intanto che scrivo un temporale a distanza di pochi “secondi lampo-tuono” mi fa pensare all’opzione pioggia da prevedere per il gran giorno. Tante cose possono non andare come previste questi 14 mesi, tante cose potranno essere fonte di stress o incomprensioni. Può piovere su un matrimonio e qui non ci sono sposE bagnatE e fortunatE. Per questo la mia intenzione è godermi il percorso. Godermi le celebrazioni precedenti. Organizzare passo passo le cose con Peter. Accogliere le idee e le belle vibrazioni di chi vorrà coinvolgersi attivamente. E infine riproporre ogni tanto le mie sensazioni in merito. Chissà che tra 50 anni un Luca che ancora non conosco possa rileggere tutto questo e sorridere.

Luca Povoleri

 

 

3 Replies to “Aiuto, mi sposo! (In Italia…)”

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