Primo marzo 2015. Dimentica per un istante la mia faccia, ciò che pensi di me e ciò che sai di me. Abbandona la tua coscienza di te stesso e immagina il tuo corpo come una macchina perfetta, fatta di carne, ossa, nervi e neuroni, pensieri razionali e emozioni primordiali, materia e energia. Ora pensa all’ultima volta che hai provato dolore. Era fisico o emozionale? Localizzato o generalizzato? Come lo hai affrontato? Hai preso una medicina? Cosa ha significato quel dolore per te? Sei andato da un dottore?
Ora guarda la mia faccia, torna a ciò che pensi di me e ciò che sai di me. Dottor Luca Povoleri. Bada bene, non Dottor Povoleri, Dottor Luca Povoleri.
Suona male no? A parte per il fatto di mettere il nome prima come se fosse Dottor Luca invece che Dottor Povoleri, ma soprattutto perché ormai chiunque esce dall’università è un dottore. Un po’ come quelli che per religione o filosofia dicono di amare chiunque. Se ami tutti, ami davvero qualcuno? E quando sono uscito dall’università ho lavorato senza mai usare quel titolo. Mi vergognavo quasi a pensare che una persona che appena sa qualcosa del mondo potesse condividere il titolo di un medico che rimette a posto i corpi. Però chi non lo sa, pensa che come ogni povera anima tradita da un sistema di formazione votato ai baroni universitari e alle rette sempre più folli, io come molti altri mi sia ammantato di quel caldo, sicuro e sudato titolo quasi come rivendicazione della fatica fatta e dei sei anni spesi. Niente di più lontano.
Perché allora da un anno a questa parte ho iniziato a farmi chiamare in questo modo? Cosa c’entra l’ultimo dolore che hai provato e come lo hai affrontato? Permettimi di spiegare come ci sono arrivato e se avrai un po’ di pazienza lo leggerai a brevissimo.
Se vuoi saltare invece fai pure leggendo solo il grassetto, ma ricorda, è più importante arrivare a destinazione o godersi il cammino?
Ti stanno rubando il tempo amico mio, riappropriatelo con qualcosa che se forse può essere simile a ciò che già conosci, dall’altro lato non lo troverai facilmente in giro. In Italia gli occhi sono coperti, le orecchie tappate. Troppo dolore, poca speranza, ma non tutto è perduto…
Iniziamo dall’inizio…
#1 Claudia Schiffer, ossia il potere della macchina germanica che porta in Spagna.
Dopo aver lavorato come stagista e con pochi contratti a costo zero o poco più, con umiltà nella saccoccia, ho deciso di andarmene dall’Italia. Ho venduto le mie cose per tirare su dei soldi, ho perfino venduto la mia amata Bbruna, la mia fedele Opel Corsa (sì quella che adesso la Claudia Schiffer sembra infestare come un fantasma germano che saluta il nuovo impero del lusso alla portata del “popolo”) che aveva accompagnato le mie prime esperienze di adulto. I miei primi viaggi notturni verso amanti piemontesi, i miei primi passaggi di frontiera verso le coste azzurre, le mie prime zingarate con gli amici in toscana, e la guardiana della mia ultima sigaretta mai fumata che mi ha permesso lasciare quel vizio da anni ormai. Grazie a lei e a ciò che ho ricavato, ho viaggiato all’estero e ho studiato, ho sperimentato, utilizzando le mie risorse per apprendere ciò che io ritenevo importante per completare il mio lavoro.
Sono stato a Madrid e invece che darmi unicamente alla pazza gioia e godermi la vita tra feste, botellones e eventi accontentandomi dello status quo e della mediocrità del lavoro moderno in crisi, ho continuato a formarmi, a cercare per passione cosa rende l’essere umano ciò che è. Ho iniziato a lavorare in proprio, con la mia partita iva, pagando le mie tasse, guadagnando una miseria. Niente vacanze o malattie pagate, sistema sanitario orribile, e un sacco di soldi da spendere anche a guadagno zero. Solo dopo i primi mesi sono riuscito a superare di poco le pesanti spese della mia correttezza fiscale. La mia dolce Bbruna mi ha permesso di vivere lo stesso e ancora la ringrazio.
In quel mentre ho iniziato a incontrare psicologi, medici, soprattutto di neuroscienze (la mia passione) di un’associazione culturale con cui ero venuto in contatto mentre mi iscrivevo all’ordine degli psicologi spagnolo. Ho studiato con maestri di filosofie e tecniche energetiche, ho appreso i principi di alcune medicine orientali, ho conosciuto e appreso da maghi, sciamani, massaggiatrici, maestri di tantra e monaci tibetani. Selezionavo attentamente ogni cosa, impigando il doppio del tempo per cercare solo quello che ritenevo degno di essere appreso. Persone che per quanto esotiche potessero parlare con cognizione di causa e soddisfare la mia fede nel metodo scientifico. Ogni giorno affrontavo i miei limiti, apprendevo lingue, e più mi ci scontravo, più lavoravo per superarli, ottenendo rapidamente un nome che era associato a qualità, competenza e coscienza nei miei giri di conoscenze professionali.
#2 Ibiza esotica, isola di dei.
Poi sono stato a Ibiza. Oh, Ibiza, un isola un tempo abitata dagli dei della medicina, dei morti e delle feste… quel luogo che inizialmente ho schiumato portando curriculum speciali creati con tutto il mio entusiasmo, mi ha sbattuto al suolo, mi ha masticato 33 volte e mi ha risputato in un vortice di mafie, di sesso mascherato da trattamenti di benessere e di schiavi costretti a lavorare senza poter andare in bagno o lavarsi le mani tra un cliente e l’altro per pochi euro l’ora. Ma proprio quando l’estate si presentava funerea in un mondo di lusso apparente venduto a polli spennati che vedono in quel luogo la fuga da un mondo morente, ecco che arrivò l’occasione. Un amico di un amico (perché sempre succede così), proprietario di un super albergo di lusso per famosi in disintossicazione da droghe e feste, esperto di massaggi, mi chiese di fargliene uno. Io sono anche massaggiatore sportivo, e mischio tecniche prettamente terapeutiche con altre emozioniali/energetiche e olii essenziali mirati alla richiesta, per cui me ne andai lì con il mio materiale e gli diedi il massaggio. E in quel momento iniziò il vero cambiamento.
Non solo insistette perché accettassi il triplo di quanto gli avevo chiesto, ma mi guardò negli occhi come in un film e mi disse che che mi sbagliavo a svendere la mia arte e che l’umiltà che avevo ci stava, ma non doveva essere timore di emergere. Essendo lui un dio del mondo del benessere, il fatto che non conoscendomi mi dicesse questo, mi diede la fiducia in me stesso che cambiò radicalmente il mio modo di propormi. Forse come conseguenza di questa mia nuova consapevolezza iniziai a lavorari in due centri nuovi in città e non tanto infimi come gli altri, dove inoltre li avevo tanto impressionati da avere carta bianca, e nel frattempo lavoravo con clienti prestigiosi con tariffe ben al di là del bene e del male. Furono pochi i super clienti, non crediate, ma abbastanza da capire che avevo un dono: sapevo portare la magia alla scienza senza essere fedele a nessuna delle due, ma comprendendo i meccannismi sottostanti e comuni ad entrambe. Sì sorridi e preoccupati preso dalle pseudoscienze e dai truffatori se vuoi, ma non sto parlando di scienza e pseudoscienza, di scie chimiche o sale nell’acqua. Parlo di Magia e Scienza.
Ho iniziato a condurre moltissimi corsi di formazione su tecniche di empowerment, giornate di meditazione e crescimento personale, e ho perfino partecipato alla fiera delle terapie olistiche di Ibiza intasando nella prima mezz’ora la mia lista di attesa di clienti interessati ai miei trattamenti demo. C’erano maghi più maghi di me in giro e dottori più dottori di me, ma pochi riuscivano a declinare i due aspetti in modo equilibrato, per cui i pochi che cercavano la sostanza nelle cose, quella che si nasconde dietro alle maschere dell’interesse ecconomico, preferivano il mio approccio moderato, misurato e franco. Sono una persona tendenzialmente silenziosa, parlo solo se ho qualcosa di cui parlare e questo è qualcosa che pochi sanno offrire.
Non è stato tutto semplice. In un paio di occasioni hanno sfruttato la mia immagine e la mia professionalità per fare pubblcità ad imprese senza poi alla fine rispettare i loro patti. In altri casi hanno approfittato della mia esperienza risolutiva in molti aspetti e non mi hanno ripagato allo stesso modo, ma tutto questo mi ha dato esperienza.
#3 Il ramarro marrone cade nel burrone.
Al mio rientro in Italia tutti mi guardavano preoccupati perchè usavo il mio titolo universitario di Dottore. Non crescere mai in Italia, sii sempre e comunque il bambino che eri, l’amico del liceo, il compagno di classe o lo stagista. Qui la gente vive nell’industria dei professionisti, e se esce dal paese è per darsi alla pazza gioia, non conosce l’evoluzione e la crescita personale o professionale. Vivere professionalmente in Italia è spesso come vivere in un asilo. Per cui come potevo non comprendere il loro stato d’animo. Dottore in Italia è una farsa. I medici non valgono, vai da tre e ognuno ti dà un’idea diversa sull’eziologia del tuo male (la scienza esatta), e chiunque esca dal sistema universitario in ambito di salute assume magicamente quel titolo, come Benigni il grande comico rivestito di titoli altisonanti per far brillare sistemi universitari poi scoperti pieni di ladri.
I miei mi vedevano come se fossi appena uscito dall’università, i miei fratellli si preoccupavano che il mio titolo non valesse all’estero (almeno loro avevano una visione globale), gli amici che pensavano che volessi mettere una barriera tra me e loro o mi sentissi migliore di altri. Insomma, cose un po’ ridicole se mi si conosce, ma in fondo le comprendevo. Era come se provassero la vergogna di chi sa che il sistema universitario non forma più davvero psicologi, medici, fisioterapeuti, di chi sa che è tutta una menzogna e temevano che il mio fosse un gesto d’orgoglio. Ma io l’ho saputo dal primo anno che mi sono iscritto. Ho sempre avuto idee ambivalenti sul sistema universitario che per quanto ho potuto frequentare nelle sue declinazioni più alte in Italia, mi ha sempre lasciato una certa amarezza in bocca come il residio di olii di fabbrica di un sistema di impressione di fredde conoscenze in serie. Ma detto questo, io sono Luca, non sono semplicemente la somma dei miei titoli. Per cui la mancanza di fiducia viene da Luca, non dal mio titolo o dalla mia professionalità. Nemo profeta in patria. Questa la maledizione che mi appresto a rompere perchè che lo capiate o no io ci tengo al mio paese, alla nostra specie, e alle persone che si affidano a me.
E infatti è proprio quando ho rifiutato il mio titolo e i miei studi, quando con umiltà ho affrontato i miei clienti come Luca, che con il tempo la mia perseveranza ha iniziato a dare i suoi frutti. Solo in quel momento gli altri hanno cominciato a vedere in me ciò di cui molti colleghi si riempiono la bocca “In nome della Legge” come testimoniano infiniti papiri polverosi su pareti spoglie.
Ma allora cosa mi ha spinto ad affrontare il vostro sorriso di giudizio di chi crede che utilizzi il mio titolo per risplendere di luce riflessa, o al contrario il vostro genuino orgoglio di fronte a un riconoscimento che sono il primo a non considerare “reale”? Perché se Luca ha successo, adesso mi ostino a portare avanti l’idea del dottore?
Ora se avete letto fin qui o avete saltato direttamente dove l’occhio guidato dal testo evidenziato vi ha portato, vi posso finalmente dire perchè qui e nel mio studio e nelle reti sociali ho voluto utilizzare il mio titolo.
#4 Quando l’interesse comune supera l’interesse del singolo.
Nelle antiche tribù degli indiani d’america c’era un’usanza. Nessuno poteva essere chiamato sciamano, solo il suo popolo dopo che una persona era riuscita a curare, guidare e ispirare la sua gente poteva dare al guaritore il suo titolo.
Così successe un anno fa, quando dopo quasi sette anni di lavoro finalmente sentì che quando uno dei miei clienti mi salutava come sempre stringendomi la mano con riconoscenza chiamandomi Dottor Povoleri, lo diceva per la prima volta sul serio. Mi guardava attraverso i miei occhi di Luca, il ragazzo che per gli amici può essere un po’ “strano”, un po’ pazzo, entusiasta e al tempo stesso nichilista, e vedeva dentro di me il mio desiderio e la mia capacità di aiutare. Mi ero finalmente guadagnato quel titolo.
La grande diva di un tempo cantava “Chiamatemi soltanto Miss Rettore” mentre voi potete chiamarmi come volete. Chiamatemi Luca, chiamatemi Povoleri, chiamatemi Dottore, ma ricordate che dietro quella faccia che pensate di conoscere, dietro quelle foto al mare che catturano l’essenza selvaggia della splendida formentera, dietro quegli occhi nocciola che gli insegnanti accusavano di essere sempre distratti da qualcosa fuori dalla finestra, c’è una persona che ha toccato il cielo e che ha dimostrato di voler tornare qui per aiutare.
Dottore è la parola magica che mi aiuta a proteggermi da chi produce oscurantismo vendendo per scienza, o al contrario per pseudoscienza, pratiche di cura cieche o false. Il mio titolo è un modo per far capire ai poco di buono che almeno per quella minima parte in cui la conoscenza universitaria può essere considerata valida, se io parlo di qualcosa ho più possibilità di altri di farlo con cognizione di causa. Dottore è ciò che mi permette di affrontare a chi mi parla di inferiorità delle donne, degli omosessuali, della cattiveria di intere popolazioni solo sulla base di alcuni, o della religione prima della scienza non per libera scelta, ma per programmazione sociale, con una difesa in più. Questo è il mio campo e nella apertura mentale più assoluta alla continua crescita personale e professionale, le persone che ho aiutato a vivere una vita migliore mi danno la possibilità di mettere un po’ di ordine nel chaos.
E’ in atto una vera e propria guerra. E ci stanno massacrando. L’insoddisfazione di chi vede il crollo imminente del sistema, la sua ipocrisia, la sua falsità ha creato una lotta senza tregua tra chi cerca nella rigidità quasi psicotica della tradizione una coperta per proteggersi dal freddo dell’incertezza e chi invece si approfitta del relativismo per estremizzarlo e fregare le persone facendo soldi sui loro sogni e sul loro desiderio di stare bene. Dall’altra parte ci siamo tutti un po’ arresi. “Tiriamo avanti” ci diciamo, ma in realtà siamo già stati costretti nel nostro cubicolo e la macchina mungitora passa un paio di volte al giorno dopo che ci ingozzano con imbuti di cibi sani e vitamine ormai tra un po’ anche nel detersivo dei piatti.
Basta lottare contro il sistema. Il sistema non è buono o cattivo. E’ come lo viviamo che cambia la sua natura.
Ormai ho ascoltato di tutto. Gente che va a fare corsi di meditazione di mille incontri e che non sanno che basta uno, gente che va a yoga da maestri che si sono formati in india (e lasciatemi parlare da uno che ha lavorato in un centro di fisioterapia che faceva yoga terapeutico, molte asanas sono addirittura dannose) che li muovono come bambole senza sapere che non serve a nulla essere flessibili se non si è aperti di mente, persone che non prendono medicine e usano solo rimedi naturali, persone che si impasticcano per ogni cosa e non usanno nessun rimedio naturale… Ma soprattutto vedo persone che si sono arrese ad una visione bidimensionale della salute utilizzando la scusa della crisi per trovare qualche “terapia” in cui credere e non vedendo il lavoro d’insieme.
Tutti parlano di salute e di come sia importante, ma poi si spende di più per bere e affogare lo stress della crisi tra alcol, viaggi da mandria nell’oscuro impero low cost finanziato dai grandi, e feste di moda piuttosto che puntare su se stessi e darsi una possibilità. Tutti vogliamo essere protagonisti, ma poi alla fine il mondo ci fa sentire completamente rimpiazzabili.
#6 Conclusioni e nuove aperture.
Per cui ho deciso che è il momento di prendere parte a questa vita italiana. E il mio obiettivo è riportare equilibrio tra le parti. Il mio compito è quello di creare un movimento di pensiero che viaggi in mezzo al manicheismo di opposti che caratterizza gli scontri di opinioni d’oggi giorno. Permettendomi di farvi stare bene senza farvi cadere nel mondo delle “credenze scientifiche” o delle “credenze magicistiche”, e permettendovi di risvegliare la vostra capacità di critica. Ci si può godere il sistema e aspettare che le cose migliorino essendo però al tempo stesso parte del cambiamento.
Qui non si tratta di tornare seri, di smettere di commentare i talk show o i festival musciali, di avere opinioni o di divertirsi. E’ esattamente il contrario, si tratta di cominciare a fare queste cose per goderne e non perché schiavi della nostra programmazione.
Però sembra che tutti cerchino soluzioni fuori, verso lo sconosciuto, pensando di conoscere il conosciuto. Ma io credo che ci sia un misunderstanding di base: non ci conosciamo. Sono la somma dei miei interventi su facebook, il ragazzo con una storia, un titolo che riassume la splendida espressione di Donatella nell’header, ma chi davvero ha avuto occasione di conoscermi professionalmente qui in Italia dopo la mia esperienza all’estero?
Per questo il mese di Marzo offro la possibilità di venire al mio studio per chiedere informazioni, fare domande e conoscerci. Al di là di identità, titoli e maschere. Questo invito è rivolto a che cerca una “persona” preparata a cui affidare i propri dubbi, il proprio corpo, il proprio spirito e il proprio benessere, ma anche per persone che condividono questa mia posizione e vogliono trovare un alleato in questo. Alla fine vi verrà data la possibilità, se soddisfatti dell’orientamento, di fare una donazione o uno scambio di servizi per ripagare il tempo e la competenza messa a vostra disposizione. Una delle prime cose che bisogna imparare è che “gratis” è il più alto prezzo che si possa pagare, per cui a voi la scelta.
Previo appuntamento sarò disponibile ogni giorno lavorativo della settimana dalle 10 alle 12 per questo genere di attività, lasciando agli altri orari i trattamenti.
Basta essere schiavi dei “professionisti” e degli “esperti”. Se cercate un Dottore, venite da Luca.
Per Info e prenotazioni:
luca.povoleri@gmail.com
+39 338451645
www.lucapovoleri.com
Via Masera 6, 20122, Milano
Zona Corso Buenos Aires, M1 Lima, Porta Venezia, Bus 60, 81, Tram 5, 23.